Personal Brand e personalità.
Di sicuro hai già sentito dire che la persona è parte integrante del brand, se parliamo di attività professionali, dove professionista e servizi sono strettamente legati. Ma quale concreta importanza ha tutto questo? Fino a che punto è opportuno spingersi nel mostrare la personalità? Queste sono le domande che mi pongo e sulle quali voglio compiere alcune riflessioni, soffermandomi anche sui lati ombra della personalità, che la stessa persona fa fatica a riconoscere, ma che, nonostante ciò, escono nelle divulgazioni, in maniera più o meno implicita, con conseguenze in termini di attrazione o allontanamento del pubblico.
Andiamo per ordine e partiamo dalla prima domanda:
Quale concreta importanza ha il "personal" nel brand?
La parte personale è senz'altro importante, anche se nell'ambiente si tende a dare un'importanza totalizzante non realistica, come se i servizi offerti non avessero più di tanto rilevanza e tutto ruotasse intorno alla persona e al come la racconta.
In realtà, le persone sono influenzate anche dal tipo di servizio offerto che ha senz'altro il suo peso nella scelta. La definizione, la differenziazione e il conseguente posizionamento vanno curati prima di tutto sull'oggetto dell'attività. Poi certamente passiamo al soggetto e quindi alla persona, perché di fronte ad una similitudine di offerte, la persona che offre gioca il suo ruolo determinante: la "simpatia" nei confronti di quel professionista, piuttosto di un altro, è quella che, infatti, sposta l'ago della
bilancia e guida la scelta.
La "simpatia" di brand scaturisce da una serie di caratteristiche soggettive reali (o costruite) del professionista, che possono uscire in misura più o meno intensa, a seconda delle modalità di comunicazione utilizzate: le parole, il modo di esporsi, gli elementi visivi che accompagnano gli scritti come le fotografie e i colori usati, la comunicazione non verbale che esce sia dai video. che dal ritmo dei testi, nonché il modo di rispondere a commenti e interazioni.
Di fatto, il personal brand esce dalla comunicazione nel suo complesso, che gioca in questo campo un ruolo determinante. Ecco perché una comunicazione basata su modelli predefiniti e sequenze standard di promozione, per quanto curate e accattivanti, a parte i primi colpi del debutto, tende al piattume, perché la personalità esce poco. Engagement e vendita possono subirne le conseguenze, perché non spiccano elementi chiave di personal brand che possono entrare in risonanza con il potenziale cliente.
Specularmente, più la comunicazione segue, invece, un suo stile personale, più la parte personal prende forma e diventa percepibile dal pubblico, aprendo la strada a quel processo di simpatia che il pubblico prova e, per converso, anche di antipatia. Lo hanno detto e ridetto, quindi diciamolo un altra volta: non si può piacere a tutti.
Ora, compresa l'importanza del personal brand nella sua giusta dimensione, passiamo alla seconda domanda:
Fino a che punto bisogna spingersi nel mostrare la propria personalità?
Si possono aprire 3 filoni di pensiero, che suonano più o meno così:
1. il filone di quel che vale la pena mostrare - il resto va opportunamente dosato e costruito rispecchiando i tratti di personalità che il pubblico vuole incontrare.
Ebbene sì, anche se non te lo dicono apertamente, il personal brand si può costruire. Questo non rientra nelle mie corde e non mi convince per niente, considerato che io me ne accorgo e sarei pronta a mettere la mano sul fuoco per dire che quella modalità che vedo è costruita (un classico sono le comunicazioni finto empatiche ed entusiasmanti). Ma non tutti hanno il sesto senso per il farlocco e mi rendo conto che la costruzione funziona eccome, nei confronti di gran parte del pubblico. Quindi, senza giudizio, ti dico che potresti considerare anche questa strada, anche se non sarò io ad aiutarti.
2. il filone del sii te stesso a 360 gradi e al 100%, senza filtri con piena libertà espressiva totale su opinioni, posizioni, reazioni, toni, vicende personali etc.
Così come usare toni accesi nelle divulgazioni e nei post, manifestando disappunto e rabbia, non è il modo migliore di fare personal brand.
Poi veniamo alla condivisione della vita privata che secondo alcuni insegnamenti dovrebbe essere sempre integrata nell'attività per dimostrare di esserci passati, "di dire, fare, baciare, lettera e testamento". Vero è che i fatti tuoi piacciono, ma non per questo vendono. Quindi non sentirti obbligata/o e soprattutto non esagerare. Se le tue vicende sono pertinenti all'attività va bene condividerle, come ogni tanto non guasta anche qualche divulgazione leggera non necessariamente legata all'attività (tipo vacanze o giornate particolari), purché non si tempesti il profilo di post non pertinenti.
Quindi?
Quindi esiste un terzo filone:
- il filone del sii te stesso nella veste professionale.
Mostrati come sei nel tuo ruolo di professionista, usando le modalità tue naturali che adotti con i tuoi clienti quando li incontri dal vivo (oppure online). Se sei ironico, sii ironico; se sei preciso, sii preciso; se racconti di te e di pezzetti della tua vita, fallo anche in rete, se il tuo gatto partecipa alle call, fallo partecipare anche nelle divulgazioni, se ti scappa qualche parola scurrile... (no quella è meglio che non la dici), etc.
Penso che il senso si sia capito: non devi per forza mostrare come sei quando urli ai tuoi figli o raccontare tutte le paturnie che condividi con il tuo terapeuta, a meno che non faccia parte del gioco.
Avrai capito che io sono di questo filone, anche se assomiglia parecchio al secondo nel mio caso, perché lavoro così tanto che professionista e persona stanno perdendo i confini. Un bene? Un male? Francamente per ora mi piace così, quindi ok. Non c'è mai stata tanta differenza e questo mi rende facile le cose e naturale la comunicazione in ogni ambito.
Detto questo, andiamo avanti perché quello di cui ho parlato sono gli aspetti della personalità che puoi in qualche modo governare e scegliere, ma non è tutto qui e ora te ne parlo.
Il lato ombra del personal brand
Ci sono aspetti della personalità più nascosti che muovono da una carenza e che vengono fuori tra le righe. Non ti rendi conto che emanano un'energia di carenza, perché tendi ad esprimerli in chiave virtuosa, anche se in realtà, chi ha una sensibilità particolare di lettura può avvertire la carenza e l'irrisolto che ti riguarda. Chi non ha questa sensibilità potrebbe venirne comunque attratto sentendo assonanza o dissonanza. Tradotto significa che potresti attirare persone che hanno lo stesso problema.
Questo è un tema scottante e opinabile, quindi prendilo con le pinzette, ma desidero affrontarlo perché può essere utile divenirne consapevoli. A volte può esserti persino utile usare il lato ombra, mentre in altri casi sarebbe meglio di no. Dipende tanto da chi vuoi e da chi non vuoi attirare.
Inoltre, non è detto che la cosa ti riguardi. Non tutti mostrano il lato ombra.
La mia riflessione nasce da una lunga osservazione delle divulgazioni sui social, dove il fenomeno si percepisce abbastanza e io stessa non sono esente, cascando anche io, di tanto in tanto, nella trappola virtuosa del mio lato ombra.
Facciamo qualche esempio per farti capire a cosa mi riferisco nei casi concreti:
- Chi parla sempre di collaborazione in modo enfatico contrapponendola con giudizio all'invidia e alla competizione può nascondere un vissuto che teme il confronto e che è indicativo, in un'ultima analisi, di una lotta ancora in corso per il proprio riconoscimento.
- Chi parla sempre di risultati economici in modo non pertinente al proprio servizio (diverso è se il tema viene usato come tecnica di marketing da chi vende marketing - a me non piace ma ci sta) potrebbe nascondere un vissuto di carenza di denaro e in ultima analisi una lotta ancora viva con il bisogno di sicurezza o con la paura di perderla. Le promozioni di questi professionisti muovono infatti dall'energia dell'acquisizione di denaro, anche se parlano di crescita personale o altro. Si sente e si vede quella copiosa acquolina da conto corrente e gli occhi a forma di euro.
- Chi parla sempre di rivalsa femminile con toni accesi e trionfanti anche se vende servizi che non richiederebbero di parlare per forza di questo, potrebbe avere un vissuto di non riconoscimento legato al ruolo di donna. Non c'è nulla di male, ben inteso, ma risuonando così attirerà donne sulla stessa lunghezza d'onda con il problema ancora bello bruciante. Positivo o negativo? Dipende da cosa vendi e come ti trovi con questo tipo di carenza.
- Chi parla sempre di etica, competenza e approfondimento, elevandosi esplicitamente e implicitamente rispetto a chi colora la realtà per i propri fini e approssima le cose, potrebbe avere un vissuto di carenza in questo ambito in termini di ingiustizie subite o di riconoscimenti altrui vissuti come ingiusti. Il bisogno è sempre quello di riconoscimento.
- Chi si approccia in maniera eccessivamente modesta, senza mostrare successi e risultati, mettendo l'accento su questa modalità virtuosa, potrebbe aver sofferto la spavalderia altrui che ha sentito in qualche modo intaccare il suo riconoscimento.
La varietà potrebbe continuare, ma mi fermo qui.
Ora lo so che vuoi conoscere il mio tallone di achille - lato ombra.
Ok te lo dico:
è un mix tra gli ultimi 2, per antichi ricordi che riguardano l'infanzia e copioni successivi che si sono ripetuti nel tempo: sono state spesso circondata da palloni gonfiati tutto fumo e niente arrosto, che imbonivano le genti ignare.
Il tempo ha sanato questi vecchi ricordi, ma ogni tanto sbuca fuori l'eco di quella roba lì.
In fondo, per come esce adesso, mi è utile perché attira persone che non credono alla befana e alle bacchette magiche, persone con ottime competenze e valori etici. In passato, quando enfatizzavo di più questo aspetto, attiravo persone talvolta schive e diffidenti, oltre che eccessivamente riservate. Questo per dirti che può esserci il lato buono e il lato cattivo nell'ombra e che in fondo siamo tutti umani.
Anche questo è personal brand.
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